Non ci sarebbe stata motorizzazione di massa senza le reti distributive petrolifere. Per l’auto elettrica è tutto da rifare perché l’infrastruttura di ricarica non ha ovviamente nulla a che vedere con quanto esistente. Questo è uno dei principali problemi perché in assenza delle “colonnine” nessuno acquista auto elettriche con l’incubo di restare a piedi.

Negli anni il tema infrastrutture ha visto diversi business model, alcuni di successo altri no. Il sistema più semplice è quello di molte aziende che assemblano e commercializzano colonnine. Fino ad oggi non è stato un business vincente perché la domanda è talmente bassa che non era in grado di sostenere un’impresa (da lì il fallimento di alcuni brand in America). Chi ha installato punti di ricarica ha prevalentemente utilizzato finanziamenti pubblici o in alcuni casi aziendali.
È il caso americano, dove troviamo tra le più importanti aziende del settore (Charge Point, Aerovironment, Car Charging per citarne alcune). In Europa si sono visti alcuni Paesi all’avanguardia che hanno previsto massicci investimenti proprio in infrastrutture (Estonia, Olanda, Danimarca, UK). Le infrastrutture di ricarica sono tuttora percepite come di competenza pubblica. Anche se secondo le più recenti previsioni saranno le aziende i veri early adopters nonché players di rilievo per sostenere le auto elettriche, in particolare le flotte. Se oggi ci sono 64.000 colonnine installate nel mondo, nel 2020 saranno 10 milioni (di cui 200.000 saranno fast charge).
Alcune multinazionali hanno quindi applicato una strategia di gratuità della colonnina puntando su grandi numeri globali che consentissero margini rilevanti sulla vendita di energia. SuccessCharging, brand israeliano in pochi anni aveva creato una struttura commerciale molto vasta in diversi continenti, salvo poi non dismettere tutto dopo 2 anni di insuccessi. Strategia diversa è quella delle utilities, che nella maggioranza dei casi hanno creato una linea di business dedicata mobilità elettrica. Con colonnine prevalentemente di tipo lento, si rivolgono al mercato consumer anche privato con sistemi di wallbox da installare nei garage o in posti auto al coperto. Il caso dell’olandese RWE, come a casa nostra di ENEL. Alcuni esempi di successo sono riscontrati sulle reti autostradali: in Gran Bretagna Ecotricity (utilities) ha concentrato le strategie sulle infrastrutture nelle reti autostradali, così da consentire lunghe percorrenze e garantendosi un asset competitivo nel lungo termine. Strategia analoga per la canadese SunCountyHighway che ha investito e in parte venduto infrastrutture di ricarica creando veri e propri corridoi “a zero emissioni”, in Canada e in America. In questo caso il modello di business vede le infrastrutture installate presso luoghi di interesse (ad esempio presso i centri commerciali) che offrono un servizio in più ai clienti cercando di attrarre nuova clientela con un posizionamento green a livello aziendale.
Due casi globali sono dirompenti e concreti. Tesla Motors e Nissan hanno in comune la scelta di aver voluto investire massicciamente nelle infrastrutture. L’azienda californiana ha costruito decine di stazioni di ricarica fast dove in 30 minuti si carica tutta l’energia necessaria alla propria Tesla. Il servizio è gratuito per i clienti che quindi possono guidare per lunghe percorrenze senza alcuna spesa. In America sono già coperte le principali città (east e west coast), mentre i primi “supercharger” europei sono già installati in Norvegia.
Nissan ha optato per una partnership con la francese DBT e ha investito il necessario per arrivare a 300 punti di ricarica fast charge in tutta Europa, su tecnologia Chademo (che è quello nipponico, mentre l’Europa ha da poco scelto come standard il sistema Combo). Le colonnine possono essere installate in luoghi pubblici e disponibili h24 per i clienti possessori di Leaf. Anche in Italia troviamo alcune installazioni come presso l’Autogrill di Villoresi (Lainate – Milano) e la stazione di ricarica ABB presso la stazione rifornimento Kostner a Bolzano.
Al di là dell’infrastruttura il nodo futuro che renderà davvero appetibile l’auto elettrica sarà anche il sistema di pagamento. Se oggi una colonnina pubblica richiede una tessera rfid e un contratto con il gestore provider di energia elettrica, il futuro prevede piattaforme tecnologiche che raccolgono i dati e forniscono poi un servizio di roaming. Proprio come i telefonini, non importa che gestore energetico avremo, la tecnologia (via smartphone, apps) consentirà di utilizzare qualunque colonnina in tutto il mondo, pagando con carta di credito o all’interno della propria bolletta. È una vera rivoluzione tecnologica, ma i principali produttori di colonnine e servizi si stanno integrando, dialogando e cooperando per arrivare a degli standard, sia in Europa che in America. È chiaro che anche le infrastrutture di ricarica rappresentano un business globale che vedrà molte aziende crescere per poi integrarsi e arrivare poi a pochi attori. Ma per allora la mobilità elettrica sarà una realtà per tutti.
Articolo estratto e aggiornato dallo speciale: “Mobilità elettrica urbana: tecnologie per il mercato” di Qualenergia, a cura Carlo Iacovini.