Dopo anni di luoghi comuni su come il car sharing fosse un servizio da “ecologisti” estremi, assolutamente antieconomico, in alcuni casi “contrario” all’industria dell’auto… oggi il tempo da ragione ai pionieri degli ultimi anni 90.. quando ancora nell’altro secolo investivano in progetti pilota e business lungimiranti.
La crisi mondiale, il crollo del settore auto, i costi in crescita dei carburanti, l’evoluzione sociale della generazione Y… sono innumerevoli le ragioni che possiamo presentare per sostenere che la “sharing economy” sia un modello di sviluppo moderno, al quale il car sharing appartiene di diritto. Se poi a questo aggiungiamo che non solo i grandi noleggiatori, ma anche le case auto e aziende dedicate a questo servizio fatturano fino a 60 milioni di dollari l’anno, possiamo dire di trovarci davvero di fronte a un business che va studiato con attenzione.
Proprio recentemente l’Università del Wisconsin ha pubblicato una ricerca qualitativa condotta sugli utenti di Zipcar (la più grande azienda di car sharing al mondo con oltre 700.000 clienti, operativa in America ed Europa) per analizzare le loro attitudini al servizio. L’obiettivo,tra gli altri, era di scoprire come gli utenti si rapportano alla “sharing economy”, all’utilizzo di un servizio di trasporto piuttosto che alla proprietà dell’auto, come vivono i concetti di responsabilità sociale e ambientale che vengono associati al car sharing.
Bene la conclusione tra le più rilevanti della ricerca, come descritta dagli autori Fleura Bardhi e Giana M Eckhardt, evidenzia che i clienti cosiddetti “Zipcars”, non hanno un reale senso di appartenenza alla comunità, non esprimono valori altruistici e ambientali, ma mirano sostanzialmente al loro primario bisogno di spostarsi, comodamente, spendendo poco e rapidamente.
Inoltre l’azienda contrasta i comportamenti scorretti (l’auto riportata in ritardo, il serbatoio vuoto, la vettura molto sporca, ecc…) con regole aziendali e rigidità e quei disservizi sono “combattuti” con contromisure e “penali” che tendono a ridurre i problemi. E proprio la rigidità verso questi fattori è vista come un elemento di garanzia per i clienti, che si dicono consapevoli che altrimenti non vi sarebbe il rispetto delle stesse regole.
La ricerca è una doccia fredda per gli idealisti del car sharing e per coloro che auspicano a breve termine una consapevolezza sociale di rispetto condiviso dei servizi, ma nel frattempo è un’ottimo segnale rispetto al fatto che un servizio rigido, efficace e accessibile, può diventare un business per davvero. E questa è un’ottima notizia per il futuro del car sharing.